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L’Italiano

Al terzo piano della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, subito a destra del dipartimento di Italianistica che frequentavo, c’era una piccola ala preceduta da una porta sempre aperta ma che divideva con forza alcune stanze, poche in verità, fuori dalle quali era affissa una targhetta che da sola bastava a generare un certo timore reverenziale, in particolare sugli studenti del primo anno.
C’erano, alla fine di questo corridoio, due porte più significative di altre se vogliamo, porte davanti alle quali a volte mi fermavo anche solo per leggere i nomi sulle targhette appese fuori, giusto per ricordarmi quanto fosse bella e importante la scelta che avevo fatto di voler studiare proprio lì, pur lontano da casa: su una targhetta c’era il nome di Tullio De Mauro, sulla targhetta della porta di fronte invece il nome di Luca Serianni, come se la Lingua Italiana avesse dato come proprio domicilio l’indirizzo di quel piccolo corridoio del terzo piano di Lettere e Filosofia. E io lì nel mezzo.
Ricordo che proprio dopo una delle prime lezioni ascoltate in aula 1 al piano terra di Lettere salii al terzo piano, subito a destra del dipartimento di Italianistica come detto, camminai lentamente verso una di quelle due porte, quella di destra in particolare, e rubai la targhetta di Luca Serianni accanto alla porta.
Non so se era un gesto provocato dalla giovane età; io credo fosse dovuto soprattutto al trasporto emotivo e culturale che quella lezione mi aveva gettato addosso… e sentii che volevo tenere con me, portare con me, un segno tangibile della fortuna che avevo nel poter ascoltare un Insegnante così.

Mi vergognai anche, un poco, di quel gesto irresponsabile e insensato. Ma che gioia tenere quella targhetta fra le mani, col suo nome stampato sopra, dopo il mio arrivo a Roma dal mio piccolo paese. Potevo andare a lezione da chi L’Italiano lo insegnava al mondo intero, di chi L’Italiano lo proteggeva, difendeva e valorizzava come nessun altro. Comprai presto anche la Garzantina intitolata proprio L’Italiano, “di Luca Serianni” come recitava la copertina. Ne ero orgoglioso, di lei e di lui, a cui iniziai a voler bene come capita con i grandi insegnanti, quelli veri, quelli che ti cambiano la vita quando si incontrano sulla propria strada.

Luca Serianni alla Sapienza di Roma | foto Rai Radio 3

Ho scelto questa foto, per ricordare il Prof. Serianni, perché appoggiato a quella stessa mensola di fronte a quel gabbiotto ci sono stato troppe volte. Perché troppe volte sono transitato lì davanti negli anni dell’Università, tante volte ho salito i gradini della Biblioteca Monteverdi dietro alle sue spalle. Ma troppe poche volte ho fermato il Prof. Serianni per porgli dei quesiti sull’Italiano. Troppe poche rispetto al desiderio che avevo di farlo. Forse per timore reverenziale, nonostante la porta del suo studio fosse a poche decine di metri di distanza. Perché io amavo fermarlo sulle scale, in maniera più informale, e pensavo anche più veloce. Lui si fermava, senza fretta, qualsiasi cosa facesse e ovunque andasse. E ti ascoltava. Ascoltava tutti. E poi spiegava, con pacatezza, con calma che sapeva di forza. Con chiarezza rara. Con la gentilezza dei signori veri. Con la presenza di un uomo d’altri tempi.

Mi sentivo fortunato in quella scalinata della Facoltà di Lettere della Sapienza. Mi sentivo fortunato e senza ombra di dubbio lo ero.

Dal terzo piano amavo scendere molto spesso al secondo perché mi appassionavano le lezioni di Storia Contemporanea; seguivo un altro grande docente: il Prof. Vidotto. Ricordo che in una delle sue lezioni pronunciò una frase, una citazione in verità, secondo la quale sulle strisce pedonali c’è lo specchio del Paese. Recitava proprio così. Mi rimase impressa moltissimo. Per anni pensai che era già così, da sola, il titolo perfetto di un pezzo da scrivere: Sulle strisce pedonali c’è lo specchio del Paese. Lo vivevo quotidianamente questo cortocircuito, nelle strade malate di Roma.

Poi l’altra mattina leggo in prima pagina sul Corriere che il Prof. Serianni era stato investito mentre attraversava sulle strisce pedonali. Coma irreversibile. Mi è tornata in mente, come un flash, quella frase di Vidotto che aveva lo studio al secondo piano della Facoltà di Lettere, proprio sotto allo studio di Serianni. Mi sono tornati in mente gli anni della Sapienza, mi sono venuti in mente i grandi Docenti che ho avuto la fortuna di ascoltare, primo fra tutti Serianni. Grandi professionisti, ma soprattutto Persone straordinarie e uniche, personaggi tanto preziosi quanto rari.

Credo che morire rispettando le regole, avendole sempre rispettate, sia un modo meschino del destino per regolare i conti. Credo sia frustrante, ingiusto e per l’appunto meschino. Su quelle strisce ha perduto la vita una delle persone più colte del nostro Paese, una delle persone col più alto senso delle Istituzioni e dello Stato, con la più profonda consapevolezza della propria missione sociale, quella della formazione delle menti dei giovani studenti, dei futuri cittadini.

Per chi non lo conoscesse, Luca Serianni, L’Italiano, era questa persona qua: guardate questo video, dura poco ma restituisce la grandezza dell’uomo e del Professore. Una persona straordinaria. Una perdita imponente per la cultura italiana e per tutti quelli che gli hanno voluto bene. Come me.

Il commiato del Prof. Serianni all’Università di Roma | Video Università Sapienza

Buon viaggio Prof. Serianni, la ricorderò per sempre su quella scalinata della nostra amata Sapienza.
Lei lo Stato lo ha rappresentato senz’altro. E in una giornata come questa direi che lo ha rappresentato come pochi altri nel nostro Paese. Grazie di tutto.

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