La corruzione è una nemica della Repubblica. E i corrotti devono essere colpiti senza nessuna attenuante, senza nessuna pietà. E dare la solidarietà, per ragioni di amicizia o di partito, significa diventare complici di questi corrotti (Sandro Pertini)
Quasi ogni giorno si legge nei giornali di arresti o indagini ai danni di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Capita spesso che all’indignazione possa seguire rabbia. Ma anche – e purtroppo – assuefazione. Persone che ricoprono o ricoprivano incarichi di rilievo e di grande responsabilità (soprattutto civica) inquisite o condannate per reati in altri stati considerati gravissimi e da noi passati in cavalleria. Ma di cavalleresco c’è ben poco, in realtà. A ben guardare ciò che manca è proprio la misura delle cose, la coscienza del superamento di una soglia di decenza che ormai non esiste più, semplicemente.
A Roma ci sono locali, in prevalenza bar e ristoranti, che basano la propria attività sul malaffare e sulla connivenza tra controllato e controllore. La sottile linea d’ombra che separava un tempo queste due realtà (per loro stessa forma costitutiva e in teoria agli antipodi) oggi è scomparsa e ha lasciato spazio solo all’ombra: una vasta zona grigia in cui la commistione tra lecito e illecito nasconde il marcio di una società dove le regole non esistono più e dove farle rispettare diventa un azzardo che mette a rischio lavoro e sicurezza personale.
Così, con grande facilità e senza ritegno, chi infrange regole e disposizioni viene “protetto” dal sistema (che si autoalimenta e si autotutela) mentre chi lavora costantemente all’interno del perimetro normativo e legislativo, seguendo pedissequamente le sempre più numerose prescrizioni burocratiche viene perseguitato da controlli e verifiche che certe volte assumono i toni dell’Inquisizione cinquecentesca. Capita, con costanza sconcertante e alla stregua di una legge matematica, che chi opera nella totale illegalità superi i controlli (le rare volte in cui arrivano) con un ammiccante batter di ciglia; mentre chi lavora nel pieno rispetto della legalità si veda trattare alla stregua di un delinquente, con toni spesso provocatori e di sfida che sembrano non avere altro fine che quello intimidatorio.
Ci sono locali che non potrebbero nemmeno aprire la porta, tanto è alto il livello di irregolarità che potrebbe essergli contestato. Mentre chi paga regolarmente per permessi faticosamente ottenuti e licenze sudate se li vede sottoporre a minuziosi controlli atti a condannare il minimo nervo scoperto, fosse anche per distrazione o causa di forza maggiore. Molto spesso non dipende da quanto paghi. Ma da chi paghi. Non c’è niente da fare: la corruzione rimane una delle peggiori piaghe del nostro Paese.