Teheran (Persia) circa il 4 novembre 1967
Carissimi genitori e sorella, finalmente vi scrivo e questa volta ho molto da raccontarvi.
Ci si commuove, a leggere questo testo.
Si inizia a leggere e si viene immediatamente trascinati in un vortice emotivo: si vorrebbe seguire il consiglio di Tutino, che diceva che un epistolario andrebbe letto con i suoi tempi e non come un libro, perché fra una lettera e l’altra sono passati molto spesso dei mesi… ma si capisce bene dall’altro lato la foga di cui parla Giovanna Botteri nella prefazione, quella che ti fa leggere una pagina dopo l’altra, senza tregua, quasi a voler arrivare alla fine del libro senza rendersi conto delle pagine che volano e degli anni che passano, nel calendario delle lettere che si susseguono.
Raffaele si trasforma sotto i nostri occhi, si materializza Rafiullah, che poi lascia di nuovo il posto a Raffaele, poi a Raf, poi di nuovo torna Rafiullah: il mondo intorno a lui sembra molto meno mutevole del suo animo, in continuo fermento. Nelle prime lettere dall’Afghanistan e dal Pakistan ci si aspetta che possa accadergli qualcosa da un momento all’altro, così come durante le sue peripezie in mezzo a deserti, confini geografici e politici incerti, incidenti, addirittura il carcere… si gioisce con lui e di lui quando finalmente trova la pace nella costruzione di una famiglia che dall’esterno appare davvero perfetta, con una moglie che lo ama e lo stima profondamente, con 3 figli bellissimi che crescono insieme a lui nella lontana Australia. È proprio quando il libro si assottiglia e le pagine finali si avvicinano che riappare, all’improvviso, il Rafiullah di un tempo, che credevamo e pensavamo fosse rimasto per sempre in Afghanistan. E invece era sempre stato dento al cuore di Raffaele, che era Raffaele e Rafiullah ad un tempo.
Ed è proprio quando crederesti che Raffaele ha finalmente trovato la felicità, quando penseresti che la sua vita si è compiuta perfettamente nella sua famiglia, in Australia, è proprio quando tutti i pericoli e le ansie familiari che hai condiviso in questo viaggio sembrano lontane, ecco… proprio quando penseresti che nulla più, di brutto, possa accadere a Raffaele e alla sua bellissima famiglia, ecco che la corrispondenza si interrompe.
Leggi le ultime due lettere del libro e ti chiedi come sia potuto accadere che quel ragazzo così buono, con tre bambini piccoli ancora da crescere, non abbia più potuto fare ritorno a casa, proprio quando lo consideravi ormai al sicuro: è sua, una delle lettere più belle di questo epistolario, quella scritta da Peshawar pochi giorni prima di morire, la sua ultima. L’altra, bellissima e commovente, è quella della moglie ormai vedova, che scrive ai genitori di Raffaele a Milano e alla sorella, quasi a fare forza, lei, a loro, distrutti dalla perdita del figlio e del fratello. Lei, sola e con tre figli da crescere, che dice che ce la farà: “sarà dura, ma non impossibile” scrive, come se dentro di sé, nel profondo, avesse sempre saputo che il destino di Raffaele sarebbe stato quello, come se Raffaele non fosse destinato che a quello.
È, come sempre quando si legge uno dei diari conservati nell’Archivio di Pieve, una storia privata che diventa Storia pubblica, collettiva, che attraversa anni e conflitti complessi, vissuti in prima persona da testimoni che con la loro penna ci hanno raccontato molto più che la loro “semplice” vita.
È, come sempre quando si legge uno dei diari conservati nell’Archivio di Pieve, una di quelle storie che ti entrano dentro, diventando tua. Un’intima compagna di vita che come una sensazione invisibile si porta per sempre con sé, come un’emozione che si indossa, che ci rende persone diverse, arricchite, certamente migliori.
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L’epistolario Rafiullah ha vinto nel 2005 il Premio Pieve Saverio Tutino dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Scopri l’Archivio Diaristico Nazionale: http://archiviodiari.org/