Le lenzuola non le posso più consumare col marito e allora ho pensato di adoperarle per scrivere
Per chi abbia la fortuna di visitare il Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano (AR), l’incontro con il Lenzuolo di Clelia Marchi rappresenta senza dubbio un momento indimenticabile, di quelli che rimangono per sempre impressi nella memoria. E di memoria a Pieve Santo Stefano ce n’è molta, forse più che nella gran parte del nostro Paese, non fosse altro che per la presenza dell’Archivio Nazionale dei diari, depositario dal 1984 ad oggi di una quantità incredibile di testi privati, diari, epistolari e scritti esemplari che, proprio come il Lenzuolo di Clelia, raccontano la Storia di un intero popolo attraverso la storia di un singolo. Oltre 7 mila documenti conservati e custoditi con cura e devozione quasi sacra, perché in quel luogo magico è conservata la memoria più intima del nostro Paese.
Tutto questo per dire che, se vi siete immaginati – come credo – stanze ricolme di carta, mobili scricchiolanti sotto il peso della memoria ecco, entrando nella stanza dove oggi è custodito l’ormai famoso Lenzuolo comprenderete il perché della sua unicità e della sua emblematicità. Un’anziana donna del Mantovano, rimasta vedova e sola con le sue sofferenze, affida i suoi pensieri alla scrittura; ma rimasta priva di carta e incapace di prender sonno per l’insistente pensiero della morte dell’amato marito, per non perdere l’esigenza e finanche il bisogno fisico di raccontare, decide di fissare l’inchiostro su un insolito foglio, il lenzuolo che un tempo era solita consumare col marito e che quel giorno invece decide di adoperarlo per scrivere: ne è nato un capolavoro della cultura popolare italiana.

Il Lenzuolo di Clelia Marchi, oggi conservato al Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano – AR| foto di Luigi Burroni
Libro Libero rende omaggio a questa straordinaria testimonianza e al libro che grazie alla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori è oggi possibile leggere, toccare con mano. In un anno tanto importante per l’Archivio dei diari, nel suo 30esimo anniversario, mi sembrava il miglior modo per celebrare questa splendida realtà: dopo numerosi e approfonditi articoli di vari quotidiani e testate, sia nazionali che internazionali (tra gli ultimi proprio quello del prestigiosissimo New York Times), l’attenzione del mondo della cultura nei confronti dell’Archivio di Pieve risulta sempre più rilevante, segno che gli enormi sforzi compiuti in questi tre decenni iniziano ad essere giustamente e meritatamente ripagati. Ecco allora che liberare uno dei testi simbolo dell’Archivio dei diari permetterà ad altre persone di incontrare questa realtà, di conoscerla, facendogli scoprire un tesoro fino ad oggi per molti segreto.
Nel patto silente con il lettore Clelia promette di scrivere solo la verità; promette solennemente che non dirà Gnanca na busia. Da questa frase così sincera e carica di dignità umana nascerà l’idea per il titolo, ma anche il senso di un tempo andato in cui forte era la necessità di lasciare un segno del proprio passaggio su questo mondo, una traccia, una testimonianza scritta delle sofferenze, tante, che hanno caratterizzato certe esistenze. Dolori e drammi di una vita spesso fatta più di stenti che di piaceri, ma che nonostante tutto è valsa la pena di essere vissuta. Se non altro per quel testimone che si è potuto lasciare in mano a chi è venuto, viene e verrà dopo di noi. Ecco, in ultima analisi, cosa rappresenta l’Archivio dei diari: la casa della memoria.
Non sappiamo che fine farà questo libro…e non sappiamo nemmeno se arriverà lontano. Dipende tutto dalle persone che incontrerà sulla propria strada, dal loro amore per la lettura, dalla loro passione per la letteratura e per la sua condivisione. Una cosa è certa: corto o lungo che sia, sarà certamente un gran bel viaggio!
Quello di cui siamo sicuri è che QUI ci sarà uno spazio sempre pronto ad accogliere le vostre storie, quelle di chi in questi Libri Liberi si è imbattuto per caso e ce ne vuole dare testimonianza, condividendo le sue emozioni, le sue opinioni, i suoi pensieri e le sue riflessioni. Sarebbe davvero bello se fra qualche mese, qualche anno, potessimo leggere decine di storie su dove e come questi libri sono stati trovati, lasciati, rinvenuti e abbandonati di nuovo.
Scheda libro (nuova edizione Il Saggiatore, 2012)
Bisogna scrivere perché le parole sulla carta sono solchi, tracce che lasciamo nel mondo. Sono la prova sudata che siamo stati lì, abbiamo visto, abbiamo vissuto, ne siamo testimoni. E vogliamo scriverlo. Fino al nostro ultimo giorno di vita (la signorina Loretta)