Qualche sera fa, dopo una cena di lavoro, mi sono trovato come molte altre volte ad attraversare a piedi il centro di Roma. Ma stavolta è stato diverso. E sapevo perché.
Ero cosciente del fatto che stavo per lasciare la città, dopo anni di avvilimenti dovuti in gran parte alla sua sempre più evidente invivibilità; ero consapevole che quella era per me l’ultima sera che trascorrevo a contatto con la parte più intima e a me nota della Capitale. Un’intimità figlia di giorni e notti di appassionate frequentazioni, di segrete confidenze, di malinconiche chiacchierate. Perché Roma è stata, ed è, soprattutto Matrigna. Ti accoglie con distacco, ti culla con svogliatezza e poi ti lascia e ti abbandona nella millenaria mischia che l’ha animata. Roma è spesso crudele, con sé stessa e con gli altri. E’ capace di farti innamorare in poche ore, ma in poche ore è in grado di scaricarti come uno sconosciuto, facendoti sentire estraneo a te stesso e al mondo che ti circonda.
Da secoli Roma è dilaniata da scontri militari prima e politici poi, stuprata dalla perfidia e dall’arroganza umana, svuotata dall’avidità dell’uomo, corrotta nell’animo dai professionisti del malaffare. Pochi giorni fa si è consumato in Campidoglio l’ennesimo agguato alla civile convivenza di una città e di una comunità che di civile, ormai, hanno ben poco. In questi anni che la mente ci tiene a memoria sembra essere tutto inevitabilmente mutato in peggio, tutto inesorabilmente compromesso. Tutto, o quasi, assolutamente irreparabile. Si invoca una belligerante e rigenerante purga punitiva; si chiede un azzeramento della gestione amministrativa e non ci si rende conto che ad essere corrotto è l’uomo, prima ancora del ruolo da esso ricoperto; ad essere intaccato non è tanto il sistema civile, quanto il Senso Civico che non abbiamo. Non c’è più rispetto, non c’è più decoro.
Come si fa ad incolpare gli altri, se siamo i primi ad errare, i primi a puntare il dito, i primi ad attaccare e a criticare, senza più autocritica, senza più pensiero critico. Forse perché a Roma è sempre stato tutto così. Forse a Roma ha funzionato sempre così e siamo noi, esseri dalla memoria breve, a non saper ricordare, a non voler ricordare. La Storia insegna, ma non a noi, troppo piegati sul nostro ombelico, troppo concentrati sul nostro orticello.
L’altra sera pensavo a questo quando ho iniziato a camminare per le strade e per le piazze di una Roma incredibilmente silenziosa e deserta: avevo negli occhi le vicende degli ultimi giorni, nelle orecchie l’eco delle inchieste delle settimane precedenti, gli attacchi dei giornali che, in coro e con le mani sporche di sangue ferivano a morte, tradendola, la Capitale del nostro Paese. Afflitta ma ancora lì…ancora in piedi, fiera e altezzosa, madre e matrigna, dolce e crudele.
Era tardi e si sentiva il riflesso lungo di un’estate ormai lontana: le strade e le piazze erano deserte e mi è stata restituita un’immagine di Roma unica, lontana da quella rumorosa e quotidiana tanto disprezzata, lontana anni luce da quella degli scandali, da quella celebrata dal cinema e avvilita dalla cronaca. Una Roma nuda e cruda, quella che sai che esiste ma che non vedi mai…eppure c’è, da molto prima di te, da molto prima di noi; perché lei è lì, da sempre e nonostante tutto, nella sua immensità inafferrabile. La vedevo, ce l’avevo davanti agli occhi, ma sentivo di non poterla contenere in uno sguardo, di non poterla abbracciare completamente. Perché Lei è la Città Eterna.
E l’altra notte ho capito perché.