La memoria è tesoro e custode di tutte le cose (Cicerone)
Nell’agosto del 1944 il paese di Pieve Santo Stefano, nell’Appennino toscano, venne raso completamente al suolo dai tedeschi, in fuga verso nord dopo l’avanzata degli Alleati. Si tentò in questo modo di cancellare dalla terra una cittadina intera, ma soprattutto si tentò di cancellarne la memoria, abbattendo ogni simbolo e ogni ricordo di un fiorente e lungo passato.

Piazza Plinio Pellegrini nell’agosto del 1944 – © Archivio Fotografico Livi
Ma non si può cancellare la memoria delle persone, perché ogni uomo porta dentro di sé un passato e una storia che sta alla base del tessuto sociale di una civiltà: la memoria storica di un Paese è fatta appunto dagli uomini, prima ancora che dalle loro case e dai palazzi da essi costruiti. E in questo, evidentemente, i tedeschi commisero un grossolano errore di valutazione. Perché fino dal giorno dopo, in quel panorama spettrale segnato dalla devastazione totale, i cittadini di Pieve Santo Stefano si misero al lavoro per ricostruire il loro paese: contrariamente anche alle indicazioni degli Alleati, che proponevano di spostare più a valle il nuovo insediamento, i pievani vollero ricostruire le loro case esattamente in quello stesso punto dove sorgevano prima di quell’atto vile. Sentivano che lì era la loro storia; lì, la loro memoria.
È così che, come per una rivincita sulla Storia, dopo 40 anni da quell’agosto del ’44 proprio a Pieve Santo Stefano è nato un archivio di memorie, il più grande e il più importante d’Italia. Un archivio divenuto emblema di una città che, nonostante gli eventi, ha saputo e voluto rinascere proprio in funzione e in ragione della parola memoria.
Io conoscevo il paese dei diari Pieve Santo Stefano, ma non conoscevo Il Paese dei diari di Mario Perrotta. Sembra una differenza da poco ma non lo è. Perché si tratta in qualche modo di un paese nel Paese, quasi come fossero l’uno dentro l’altro: al centro c’è il paese vero, quello reale, fatto di persone in carne ed ossa; tutt’intorno invece si sviluppa il Paese dei diari descritto e raccontato da Perrotta, fatto di storie, di memorie, di anime. E il dato non è di poco conto, se si considera che mentre il paese reale, quello al centro, rimane più o meno sempre uguale in termini numerici, l’altro aumenta a vista d’occhio, anno dopo anno. Nel senso letterale dell’espressione. Al punto che le anime sono diventate il doppio delle persone, caso unico in Italia (e forse al mondo). Con la particolarità che qui le anime parlano, di continuo, e lo fanno dal 1984: anno in cui l’Archivio è stato fondato, con lungimiranza visionaria, dal giornalista Saverio Tutino.

Il Paese dei diari di Mario Perrotta
Mi piace pensare che l’espressione “un paese di 3mila anime” sia nata proprio pensando a Pieve Santo Stefano. Qui sono arrivate fino ad oggi oltre 7mila memorie, settemila storie personali che, terminato il loro percorso di vita, hanno sentito il bisogno di proseguire il loro cammino, arrivando all’Archivio di Pieve quasi sempre sulle gambe di chi è rimasto. Infondo molti scrivono un diario soprattutto per questo: per rimanere vivi, per il bisogno di esistere, di lasciare un ricordo del loro passaggio. Per mantenere in vita la loro memoria. Memoria, appunto.
A Pieve Santo Stefano oggi è come essere in una Città-Stato, non nel senso politico ma nel senso storico del termine: perché le storie custodite a Pieve raccontano la Storia di un Paese intero, di uno Stato appunto: il nostro. Storie rappresentative di un’intera nazione, memorie private che si fanno pubbliche perché raccontano di eventi che il nostro Paese lo hanno segnato sul serio: ci sono le guerre, quelle dei milioni di vite spezzate; ci sono le trincee e il sangue dei giovani italiani morti per la Patria; ci sono gli anni del terrorismo, quelli della rinascita; ma ci sono anche tante storie di sofferenza, di dolore e storie d’amore che più universali non potrebbero essere. E poi ci sono casi unici, scelti ad emblema di un Archivio – e di una città – che hanno davvero qualcosa di straordinario: il Lenzuolo di Clelia Marchi, le pacene di Vincenzo Rabito, i foglietti di Orlando Orlandi Posti…e il fruscìo delle migliaia di altre voci.

Le pacene di Vincenzo Rabito – ©Luigi Burroni
I cittadini stessi di questo singolare paese non sono cittadini comuni, ma si portano addosso “il peso” di tutti questi racconti, di tutte queste storie…ogni persona che vive qui sembra avere nel proprio corpo, scrive Perrotta, i segni e le cicatrici di questo continuo passaggio di anime: “portatori sani di memoria“, li chiama. Già, se li osservi bene comprendi subito che nel loro sguardo ci sono decine, centinaia, a volte migliaia di vite “altre”. Perché leggere serve anche questo, a preservare la memoria.
Forse pensava a tutto questo il Maestro Ettore Scola quando, arrivato a Pieve nel 2014, disse che di archivi e di musei così ce ne vorrebbe uno in ogni città d’Italia.

Piccolo museo del diario – Stanza del Lenzuolo – ©Luigi Burroni
Perché fra questi scaffali, fra queste pagine, in queste memorie, è custodita la memoria del nostro Paese; da qui passa la nostra coscienza di Cittadini. Qui, tra queste strade e questi palazzi rasi al suolo dai tedeschi 70 anni fa, è rinato più forte che mai il germe della nostra terra, della nostra Italia. Da ogni angolo della Penisola sono arrivati e arrivano qui, dal 1984, memorie e scritti di ogni tipo. È buffo che io scriva “qui” come se mi trovassi a Pieve, quando invece sto scrivendo da Milano…ma dopo una lettura così appassionata ci si sente davvero DENTRO all’Archivio dei diari, come fossimo anche noi, in certa misura, Cittadini del Paese dei diari.
Leggere questo libro vi farà non solo conoscere meglio Pieve Santo Stefano, ma vi farà conoscere meglio il Paese in cui viviamo. Perché la Storia che è passata da qui è la storia che tutti noi abbiamo sentito dalle parole dei nostri nonni, dei nostri padri. Parole spesso volate al vento, ma che per fortuna in molti hanno voluto fermare per sempre su carta, a testimonianza del loro, e del nostro, passaggio su questa Terra.
Sembra che la nostra vita sia migliore quando possiamo porla nella memoria degli altri. È una nuova vita che abbiamo acquisito e che ci risulta preziosa (Montesquieu)
Scheda libro: Il Paese dei diari di Mario Perrotta – Terre di mezzo Editore